Note critiche sparse


Note critiche sparse

Nota critica di Paolo Ruffilli
Ho letto subito con grande partecipazione le tue poesie di “Mater”, cara Laura. Molto intense e profonde, bene introdotte da Spagnuolo e dalla potente immagine di copertina (gran maestro d’invenzione e di colore tuo marito!). Grazie per il libro. Un abbraccio Paolo

Alfio Fiorentino

“Mi trovo nel mezzo” scrive Laura Pierdicchi ed è proprio in questo discrimine operativo che si pone il suo testo rassicurandosi. L’ordito per la maggior parte logico-descrittivo ne è la prova. In effetti è un discrimine tra “il corpo e l’angelo”: i parlati sembrano realizzarsi in stampa tra caratteri ‘normali’ e ‘corsivo’. Il testo si snoda tra presente e nostalgia, tra consapevolezza del corpo (“sono il mio piccolo corpo” e “nel lontano mio corpo vado”), che contrasta con “l’interno mai disegnato”, e il ricordo-nostalgia dell’infanzia preziosa (“la mia infanzia germogliava oro”), per livellarsi in stile: controllati e definitivi. Scorre così il sentimento. C’è tutta la weltanschaung del ventaglio esistenziale della Pierdicchi.

I riverberi ci portano “pensieri-capelli di medusa”: una inquietudine sempre mediata, filtrata e poi posizionata su un rigo sapiente di architetture, di cadenze, di autolimitazioni che nella sostanza e alla fine è lo stile, la inconfondibile cifra poetica di Laura Pierdicchi. Una collimazione tra la figura gentile di Laura (“tanto gentile e tanto…”) e la grazia, la finezza della poesia di Laura, sempre incentrata, ripeto, tra ricordo e presente. Ma è un presente apparente. La poesia abita in un luogo collaterale, non pronunciato: a volte mai detto. Noi percepiamo soltanto i riverberi, sparsi qua e là. Il luogo è altrove. Questa la fornace dalla quale nasce e si propaga stemperandosi la poesia di Laura Pierdicchi.


Luigi Pumpo in: Presenza, Striano 1984

Veneziana, avverte della sua città lagunare il fascino e le melodie arcane. E nella poesia, spesso, canta la sua terra con un ritmo altalenante e con immagini ricche di un proprio stupore. Tanti sono i periodici che hanno ospitato suoi lavori e moltissime sono le antologie dove figurano suoi gruppi di poesia. La stampa segue con interesse l’evolversi del suo mondo artistico che meglio appare nei due volumi A noi che siamo (1979) e Neumi (1983) i quali testimoniano della validità della sua pagina lirica. Anche noi ne abbiamo più volte scritto e tra i suoi critici ricordiamo: Aldo Arnavas, Guido Massarelli, Giorgio Bárberi Squarotti, Andrea Zanzotto, Bianca Buono, Ketty Daneo, Fulvio Castellani, Guido Battistelli. È stata premiata in tutta Italia sia con l’inedito che con l’edito.

in: Presenza, Striano, nr.5/1979

Con Laura Pierdicchi ci troviamo, invece, dinanzi a un intimismo dolente e amaro. Veneziana, ella, spesso, lascia trasparire nel suo discorso un tenue segno di trasparenza spirituale che conquista ed affascina. Collabora a riviste e periodici d’arte ed è stata premiata in molti concorsi tra i quali si ricordano “Città di Fogliano”, “Altari” e “Città diCassino”. Ha in corso di stampa la sua prima raccolta poetica che ci auguriamo potere leggere presto e scriverne da qualche parte.


Paolo Ruffilli in: Poeti del Veneto, Treviso 1985

La materia della poesia di Laura Pierdicchi è di un’immediata e di un’assoluta implicazione esistenziale. Nella situazione normale corrente della vita quotidiana, alla minaccia del confuso stato di coscienza e ai residui della pellicola retorica che avvolge i rapporti umani il poeta oppone improvvisi fraffi e tagli del reale.

Il flusso della vita, nello spettro della personale esperienza, si impone a qualsiasi vocazione letteraria, producendo nella poesia un effetto ondulatorio tra i poli opposti del lessico della cronaca e dell’andamento della lirica.

La poesia della Pierdicchi è un taccuino esemplare degli appunti e delle annotazioni, un album della memoria critica, un almanacco della propria condizione. È il diario delle pagine privilegiate, tra scelte a comporre (e a verificare, a interrogare, a mettere sotto processo) il senso di una vicenda e di una vita. Tema centrale è, a ben guardare, la morte: termine ineludibile del confronto, enigma esistenziale, l’altra faccia della medaglia, vuoto di assenza, in cui precipitano errore e disguido, ma in cui si scioglie anche il doppio senso della vita.