Il segno dei… Prefazione

Prefazione aIl segno dei giorni

Dalla poesia alla prosa per narrare le donne del nostro tempo

Tiziana Agostini

Da quardo l’umanità ha la consapevolezza di esistere, sente il bisogno di raccontarsi delle storie. La narrazione mostra infatti come si sta nel mondo senza commetere l’errore di definirlo. Attraverso il racconto, per riprendere il pensiero di Hannah Arendt la storia. rivela il significato di ciò che. altrimenti rimarrebbe una sequenza intollerabile di eventi.

Trame e personaggi nel corso del tempo sono alquanto mutati dall’eroe semidio dell’epica antica siamo passati al cavaliere dell’evo moderno per giungere al novecentesco “uomo senza qualità”. Nel cambiamento dei protagonisti delle grandi narrazioni si è modificato anche il giudizio di valore nei confronti dell’uomo e hanno fatto progressivamente il loro ingresso le donne, dapprima timide comprimarie e poi decise padrone della scena, anche se tragica. E quanto più l’eccezionalità dei personaggi è andata scemando, tanto più inconfutabile si è fatta la loro unicità, quale espressione di identità irripetibile.

Oggi che sembrano archiviate ideologie e fedi, più solido si è fatto il convincimento che nessuna persona può essere sacrificata in nome di un’idea e dunque campetti a ciascunp di noi la necessità di prestare attenzione alla inesorabilità delle esistenze che ci circondano, agli eroismi che abitano il nostro tempo. Erosimi che non significano più, diciamo anche per fortuna, compiere azioni impossibili, mettendo in gioco la vita stessa, ma che risiedono nel coraggio di affrontare la vita tutti i giorni, con il suo carico di fatiche e solitudini, in cerca di una speranza possibile e di una luce di gioia anche flebile.

Con questa determinazione anche Laura Pierdicchi si è messa in gioco, oltrepassando la sicurezza dei traguardi poetici, per reinventarsi una forma e uno stile, per costruire un ritmo nuovo e trovare parole diverse per la prosa. Quelle che seguono sono dodici storie, tutte con protagoniste femminili, che idealmente disegnano un duplice cammino, nella storia collettiva, dalla guerra al dopoguerra novecentesco per approdare ai nostri giorni, e nella storia individuale, dall’adolescenziale scoperta del sé al tramonto degli anni, quando la dimensione del passato sovrasta spesso la fiducia nel futuro.

La forza di questi personaggi risiede nel loro connotato di realtà: incontriamo donne che già conosciamo perché corrispondono alle nostre esistenze e la rappresentano. Attraverso di loro prendiamo coscienza di noi stessi, perché vedere le cose è appunto rivederle, riconoscerle, non solo viverle in presa diretta.

In ciascuna di queste donne-personaggio Laura scava fino in fondo alla problematica esistenziale che incarna, facendole così vivere di vita propria. Perché il vero creatore non è colui che inventa, ma colui che scopre, che disvela quello che pur era in mezzo a noi ma non riuscivamo a vedere.

Oggi abbiamo perso il sapore del pane, perché abbiamo scoperto i falsi sapori, le nostre esistenze, abbiamo perso il gusto delle mani, di quel caldo affetto che passa attarverso la vicinanza. Viviamo come stranieri nelle nostre case, siamo sconosciuti a noi stessi, perché non abbiamo più la capacità di guardarci dentro. Per questo Laura ci riporta alle verità minime, al nostro bisogno di credere e sperare, anche di fronte alla guerra, anche di fronte alla morte.

Eppure la realtà non basta a raffigurare le nostre e esistenze, per questo all’inizio di questi racconti troviamo anche una giovane che “sente”, che vive i fatti prima che accadano, con quel potrere di strega che si riconosce alle donne, che altro non è se non la capacità di materializzare gli incubi, per viverli da svegli in modo che ci feriscano meno in profondità.

L’amore è un tema ricorrente, come prima forma di rapina quando ancora si è poco più che bambine (a quante è capitato di incontrare, se non le grandi violenze, quantomeno il sopruso, il furto che cancella la primigenia e felice scoperta dell’altro?); amore come segno proibito, strada non percorribile, a evidenziare quel bovarismo che connota troppo spesso le donne, per fortuna a volte riscattate dalla generosità e dalla sensibilità inattesa del partner.

Le esistenze femminili da tempo hanno smesso di affidarsi al principe azzurro per dare senso alla loro attesa di felicità, che cercano di appagare in modi nuovi, magari mettendo alla prova se stesse attraverso la sfida della natura o giocandosi la propria libertà da single.

L’essere sole a volte però è una condizione non voluta, legata alla vecchiaia, che nel ricordo per fortuna sa trovare la gioia della giovinezza o che nel quotidiano rituale della preparazione del cibo riesce a portare avanti comunque il corso dei giorni, anche quando l’album di famiglia ha più ricordi di morti che di vivi.

Le donne sono fatte, nonostante tutto, per la vita, non solo perché la generano, ma perché la sentono come spinta insopprimibile, come identità vera e imprescindibile.

Dodici donne, dodici situazioni, dodici tessere queste di Laura Pierdicchi, che ci raccontano il nostro tempo senza lirismi e senza patetismi, col tono giusto del racconto. L’intensità poetica, che già abbiamo apprezzato nell’autrice, si è infatti qui trasformata in efficacia narrativa, che cesella un mutato e riuscito eloquio, per realizzare un nuovo e compiuto mondo di parole. Un mondo da leggere e da apprezzare nella varietà dei suoi temi e nella univocità del suo sguardo.