Mai più lieve… Prefazione
Prefazione aMai più lieve
Gabriella Sobrino
Quando uscì la prima raccolta di versi di Laura Pierdicchi, nel 1979, il critico Roberto Joos nella nota di presentazione parlava della poesia della Pierdicchi come di «una poesia fatta di piccole grandi cose che tuffa le mani nell’orto di casa, così incredibilmente ricco di magie». Leggendo queste ultime poesie mi è sembrato di ritrovare intatto il sapore delle piccole e grandi cose, filtrate, questa volta, attraverso una rigorosa e matura selezione di temi e di significati. Si percepisce nel sottofondo un’inquietudine esistenziale unita ad una decisa volontà di dominare le emozioni, di penetrare le sottigliezze dell’animo umano e, se possibile, di sconvolgerle:
Esplosione al mio niente ed io scheletro/apparenza solo occhi solo occhi per vedere.
Come dicevo, la Pierdicchi va alla ricerca continua di occhi giusti per afferrare il significato del mondo, per possederlo e sistemarlo nei riquadri della memoria per future esperienze:
Analiticamente nel tempo che si allunga sistemo il mio archivio
Queste nuove poesie di Laura Pierdicchi segnano una maturità composta, una pienezza di stile in un continuo dialogo tra fantasia e realtà che si snoda a fianco delle voci del ricordo, tra «l’astratto e il concreto». Soprattutto nella sezione Tracce la poesia di Laura ripercorre il cammino di speranze e progetti passati, di delusioni e ripensamenti, «frasi non dette che pesano», e ancora «fuori del nostro tempo | future idee ed opinioni | non sapranno che i nostri piedi | hanno consumato | campi seminati e fertili» come in una inevitabile catarsi che risplende di immagini e umori così urgenti da determinare una quasi sentenza di destini annunciati. La ricerca della verità non conosce soste; la Pierdicchi la trova sempre, anche se «la verità ha innumerevoli facce», attraverso i suoi viaggi in Grecia, a Ponza o a Venezia, la sua città. La raccolta chiude con una Ballata densa di significati: come ad apertura del volume la poetessa confessa «riesco a malapena ad inquadrare il tema» così, in chiusura, urla con disperazione «…la mia linfa Signore… la mia linfa sta finendo». E le due confessioni mi sembrano voler sottolineare un unico sentimento: la paura di essere ridotti al silenzio, privi di margini e di risvolti, di quella potenza d’immaginazione che, sola, può assicurare i segni dell’intelligenza e dell’ispirazione poetica.