Alcune liriche da “Il Portale” di Laura Pierdicchi
Fulmini squarciano il cielo
in questa notte di tempesta
che vibra e scuote
il battito già alterato.
Il riposo non ha spazio
e le pietre del mio vuoto
sbattono tra di loro.
Sarà così
forse
nell’ombra del dopo respiro
quando attoniti vagheremo
tra l’abbaglio e l’oscuro
con il pesante fardello
di una vita da espiare.
Qualcuno è entrato…
qualcuno tra me e te
in modo che la mia mano
non coprisse la tua.
Qualcuno ha divelto il tetto
ha lasciato libere le ali
di andare nel mistero.
Ora il silenzio
è abbraccio accogliente
anche se i segni
in ogni stanza
sono frasi assordanti.
Nel mio grigio ogni tanto
una luce rischiara.
Da lontano arriva il sentire -
quando l’occhio ancora
non fissava dentro
una forma tesa al caldo abbraccio
e senza voce.
Da quella porta
siamo entrati come origine
di un tragitto già previsto
con il ritmo notte giorno
e negli anni sempre più denso
il nostro moto ci ha distolto
dall’inizio e dal perché
ha girato attorno senza sosta
in una guerra già perduta
con la reale finzione.
Ci siamo persi pur sentendo
quella sottile vibrazione
che accende la presenza
e la unisce
all’altro ignoto universo.
Non è allora la presenza
che mette in dubbio
e spacca ogni pietra
non è l’immagine definita
che inquieta cerca il rapporto
per soddisfare il proprio ego
non è l’appartato ritiro
cresciuto per un bisogno pungente
forse là
dove sorge un seme di comprensione
si esprime libera la forma
che alleggerisce il peso
là il tentativo
di separare i due elementi.
E si continua
lasciando in sospeso gli echi
di un’eredità palpitante
si entra nell’ordito
creato dal vibrare dell‘essere
nella metamorfosi incessante
si appartiene ai gesti ai luoghi
ai corpi amati desiderati lasciati
alle cadute
al continuo galleggiare
ai momenti devastanti
alle risalite.
E si continua
in un fragile terreno
pronti a sprofondare.