De Luca Aurora – Cellulosa

Cellulosa

L’evoluzione poetica di Aurora De Luca si riscontra a ogni nuova lettura. Già dai primi scritti si notava una voce sincera, una vena profonda. Ora, con questa nuova silloge Cellulosa (che ha ben meritato il 2° premio Città di Pomezia 2014), il dettato ha acquisito nuove sensazioni, pensieri concettuali importanti e uno stile ancor più conciso.

Mentre nei suoi precedenti lavori il tema principale era l’amore (nelle sue varie sfumature), ora spazia in libertà. Già il titolo è accattivante: Cellulosa, un’unica parola che fa da eco a molte varianti. Essa richiama, infatti, il nostro ambiente, la madre terra con l’eterno ciclo vegetale: inverno, estate, primavera, autunno, in un susseguirsi di morte e rinascita. All’interno di questo ciclo vi è la vita di ognuno, e l’assieme degli uomini costituisce la storia con i diversi modi di vivere e pensare.

Aurora De Luca si sente parte del tutto, e solo un poeta può avere tale percezione. Inoltre, non tralascia neanche in quest’ultimo lavoro momenti di amore e di passione. Nell’alternarsi di gioia e dolore scorre la sua linfa affinché possa provare emozioni forti, cadere per poi risollevarsi: “E tutto insieme è il dolore / e tutta quanta è la luce”.

Nella raccolta non mancano belle metafore, come per esempio nella lirica “Quanta casa” dove la poetessa s’identifica con le sue mura: “Una casa che per raderla al suolo / dovrete tagliarla, / che ha una sola digitale impronta, / una via labirintica di vicoli e fossi / personalissimi.”.

Le immagini scorrono e variano di poesia in poesia, ma il suo animo poetico è sempre partecipe e capta continue sensazioni tramutando gli elementi naturali in qualcosa di vibrante che penetra nella sua carne. Lei sa che al mondo tutto è passeggero e nessuna materia può sottrarsi al passare del tempo, neanche una montagna può combattere contro l’erosione dei venti, ma sa che nel nostro essere (se pur polvere dell’universo) c’è una forza speciale, un soffio divino: “Non resisteremo un attimo oltre il soffio, / noi che neppure montagna siamo; / eppure qualcosa ci erige, / qualcosa si fa pietra buona / nelle nostre mani.”. Una silloge, dunque, che denota un passo avanti e un pensiero maturo.