Calabrò Corrado – La scala di Jacob

La scala di Jacob

Il primo Premio Città di Pomezia 2017 è stato vinto da Corrado Calabrò con la silloge La scala di Jacob; un poeta la cui fama ha oltrepassato i confini nazionali, e un punto di merito per il Direttore della Rivista se questo noto personaggio ha pensato di partecipare al Premio.

La lirica che dà il titolo alla silloge s’ispira alla Bibbia, e precisamente al sogno fatto da Giacobbe nel quale gli appare una scala che sale fino al cielo, sulla quale salgono e scendono angeli. Una perfetta metafora per aprirci il suo animo, sempre teso a qualcosa di nuovo e sempre pronto a esplorare il proprio sentire. Calabrò vuole dirci di continuare, passo dopo passo, e andare avanti senza mai fermarsi.

Egli spazia dal verso breve e conciso alla metrica di largo respiro, con la quale può ampliare il tema ed enunciare fatti drammatici, come nella bellissima lirica “Precessione (Tsunami) ” dove il dramma è reso in modo sublime. Oppure in “La carrubara” dove racconta un episodio di quando ragazzo ha dovuto assistere all’orrore della guerra.

Pur nella brevità di questo lavoro (dovuta alle esigenze del Premio) possiamo avvicinarci alle tematiche a lui care. Tra queste molto importanti sono la donna, gli affetti familiari e l’amore che tutto ingloba. Il ruolo della donna è stato fondamentale nelle sue vicende personali e mette in risalto il suo essere in balia delle emozioni e degli eventi, come spiega in “Trasloco”: “Sette città sette case ho cambiato / sette volte le cellule ho mutato / sette donne in amore ho abbandonato.” Non mancano neanche i momenti ironici che determinano il saper cogliere la leggerezza anche nei problemi seri, come in “Incoscienza” che tratta di studi sul cervello e termina con il verso “Uè, non fu un sordo a comporre la Nona?”.

Calabrò dunque ha una grande esperienza esistenziale, che gli ha donato emozioni positive ma anche sofferenze, scalfendo giorno dopo giorno il suo animo di poeta ma anche procurandogli il materiale per la poesia. Solo con il gioco delle emozioni, infatti, s’innesca il bisogno di dire e più una vita è vissuta intensamente più spazio si apre per la creatività poetica. Lui ha vissuto e continua a vivere totalmente, tanto da sentire il bisogno di dire: “Ho visto tutto: / niente esiste per me se non in me.”.