Defelice Domenico – Diario di anni torbidi
Diario di anni torbidi
Domenico Defelice ha pubblicato un nuovo libro, che va ad aggiungersi alla sua copiosa produzione. Trattasi di un diario giornaliero delle vicende accadutegli durante l’anno 1966, oltre alcune giornate riguardanti gli anni 1963, ’67, ’68, ’69. Un periodo particolare della sua giovinezza, quando l’attività lavorativa non era ancora ben definita e passava il tempo tra insegnamento precario, studio e creatività artistico/letteraria. Un periodo sempre sul filo del rasoio per mancanza di mezzi ma ricco di conoscenze, contatti ed esperienze amorose; un tempo che ci riporta alla bohemienne parigina dei grandi artisti del passato. Chi ha una certa età, ritrova inoltre la tipica atmosfera degli anni sessanta, con gli entusiasmi per un nuovo progresso e relative cadute e delusioni.
In questi testi si nota già l’atteggiamento critico di Defelice verso la politica, che andrà sempre più consolidandosi con il passare degli anni, nonché la sua grande disponibilità a collaborare con altri artisti e scrittori senza scopi lucrosi – anzi – molto generosamente; un amore assoluto e una volontà ferrea che lo porterà nel tempo a dirigere la ormai famosa Rivista letteraria Pomezia Notizie, aperta generosamente a tutti quelli che vogliono accostarsi alla scrittura. Un lavoro gravoso, che comporta uno sforzo e una dedizione notevoli.
Nel seguire giorno per giorno gli accadimenti descritti in Diario di anni torbidi, con una sincerità totale anche nei punti più intimi, si ha l’impressione di addentrarsi troppo nel suo animo, ma nello stesso tempo ci si sente partecipi di una vera amicizia, che si dona senza remore. Pochi, infatti, sarebbero propensi ad aprirsi così totalmente. In questi testi traspare inoltre la sua giovinezza: vi è il desiderio della compagnia femminile per appagare anche la sfera sessuale (momenti descritti con delicatezza, senza scadere mai nella volgarità), ma vi è pure il pensiero di creare una famiglia. Vi sono momenti leggeri nei quali c’è la voglia di fare, l’entusiasmo, una vitalità dirompente; altri, nei quali entrano la malinconia e una certa stanchezza fisica e psicologica. Ed è giusto così poiché la vita non può essere costantemente livellata e i vari stati d’animo arricchiscono il cammino e aiutano a crescere, soprattutto per un animo sensibile, estroverso e generoso come quello di Defelice. La lontananza del paese natio incide molto, ma anche questo serve a renderlo più forte e a maturare appieno la sua personalità; ciò non toglie che l’arrivo di una lettera della madre possa procurargli una grande gioia.
Un altro punto di riferimento, che rimanda ai successivi libri di Defelice, è la stesura del dettato. Il tono di questi appunti giornalieri è immediato e incisivo. L’autore non si prolunga mai più del necessario, anzi, alle volte è quasi lapidario, come nella giornata del 22 luglio 1966, dove appare solo una notizia: “Nulla di particolare, oggi. Antonio è venuto a trovarmi sul lavoro. Sta bene.”. Egli racconta solo ciò che assume una certa rilevanza, tralasciando elucubrazioni psicologiche o voli fantasiosi; tutto questo denota una personalità molto attenta ai problemi concreti.
Pur amando fortemente la scrittura e l’arte, Defelice vigila sul reale andamento dei fatti e sull’influenza svolta dalla politica. E’ un uomo addentro alla società e sente il dovere di far valere la sua voce. Anche delle varie manifestazioni culturali rileva solo i punti salienti: quelli che possono servire al pensiero e all’etica di comportamento sociale.
Defelice chiude il diario con la giornata del 27 giugno 1969, nel quale si trova una notizia forte (che evidenzia il suo coraggio). Riguarda ciò che pensa Pedrina de Il porto sepolto di Ungaretti: “…è convinto, anzi, che Serra, prima di pubblicare a sue spese la prima volta Il porto sepolto dell’amico, lo abbia riveduto e corretto a fondo. Sono convinto – mi disse Pedrina – che il vero autore de Il porto sepolto non sia il fantaccino Ungaretti ma il tenentino Serra!”.
Ci lascia così, con questo dubbio e un po’ sbigottiti, senza aggiungere né una prefazione né una postfazione; solo la sua vita, giorno per giorno, per poterlo conoscere e giudicare ancor più profondamente.