Defelice Domenico – To erase, please ?

To erase, please ?

Con “To erase, please?” Domenico Defelice propone un’altra sfaccettatura della sua poetica: quella in cui privilegia un dettato immediato, velato d’ironia, e ricco d’emozioni impulsive. Lo studio critico di Maria Grazia Lenisa, che accompagna questo lavoro, è talmente analitico e specifico da scoraggiare qualsiasi altro accostamento d’analisi. Proverò in ogni modo a rilevare ciò che ho percepito durante la lettura dell’interessante poema.

Defelice, con il pretesto di una vacanza, delinea il suo stato d’animo durante lo spazio di tempo trascorso dalla partenza per la Sardegna, la sosta sull’isola e il ritorno a casa. Per lui è un momento particolare poiché è disgustato di tutto quello che succede nel mondo; anzi, sembra che assorba tutto il male che ne deriva e debba rigurgitarlo assieme alla gran rabbia che lo anima. Il suo, infatti, è un grido di denuncia per la nostra società che ha perso ogni valore per rincorrere un’illusione di benessere consumistico, e che sta rovinando sempre di più anche l’ecosistema.

Questo stato di dolorosa convinzione lo distrugge interiormente, tanto da perdere la consueta sicurezza e sentire il bisogno di rivolgersi a Dio per un aiuto speciale. Forse, come ha ben evidenziato la Lenisa, in questo testo egli si accosta alla fede, o meglio, ricerca il valore della vita attraverso il Creatore e sembra sopportare una grande sofferenza, che ricorda quella di Cristo. Tale è la sua amarezza che arriva a chiedere a Dio di cancellare lo stesso mondo.

Il poeta però, intelligentemente, non si limita ad un versificare negativo, né presenta solo un verseggiare inconsueto, bensì raccoglie molti spunti paesaggistici ed intimisti; fra quest’ultimi spicca l’amore paterno, con espressioni di ritrovato e acceso lirismo. In ogni modo, egli cerca di sfuggire a tutto questo, a tutto ciò che procura rumore, perché sente fortemente il bisogno di stare da solo; e proprio in questa solitudine si carica del peso di tutti gli errori che sono commessi quotidianamente, e vorrebbe poterli cancellare.

Il ritorno poi alla sua città è intriso di malinconia perché il viaggio intrapreso non è servito a nulla, non è cambiato niente, e tutto si ripresenta come prima di partire. Così, ciò che lo tentava all’inizio (l’immagine metaforica della nemica) è ancora lì ad attenderlo.

Nella sezione “Antologia minima”, che segue il poema, Defelice ripresenta delle liriche che nel loro assieme ampliano il discorso di “To erase, please?”, nel senso che manifestano il suo profondo amore per la terra (soprattutto quella natia), e denotano altri aspetti del suo essere uomo e poeta. In questo modo il cerchio si chiude perfettamente.