Schiavone Edio Felice – Schegge (io e il mio tempo)

Edio Felice Schiavone è già noto nell’ambito della vita poetico/letteraria: è presente in numerose antologie e storie letterarie, ha al suo attivo diversi libri, e questo nuovo volume va ad ampliare il suo discorso poetico. Autore di talento, si avvale di una struttura di breve/medio respiro nella quale la parola assume il compito d’incidere profondamente, tanto da creare a volte delle nitide scene che si stagliano nella mente del lettore. Il verso non conosce sbavature, si delinea perfettamente e si raccoglie in un compatto, assillante discorso. Nella sequenza delle strofe finali, le “Schegge” che danno il titolo al libro, il messaggio poetico si fa ancora più conciso e pregnante, proprio per ferire metaforicamente il lettore. Ma tutto il libro è un costante pungolo poiché Schiavone considera generalmente ciò che ha segnato in negativo la storia dell’uomo, facendo risaltare la gravità di certe azioni e il primigenio istinto di voler dominare, che l’ha portato a versare fiumi di sangue; più dettagliatamente invece il tempo odierno, con le molteplici problematiche di una globalizzazione caotica, delle continue guerre che seminano odio e della paura per un incerto futuro.

Schiavone dimostra un coraggio singolare nel denunciare ogni bruttura, ogni azione malvagia, sia del singolo che della collettività, comprese le lotte religiose; un quadro completo dei mali che assillano i nostri giorni. Al poeta non sfugge nulla e il risultato è molto amaro poiché neanche le esperienze passate non sono servite a mutare l’imperfetta genetica dell’uomo. Accanto a tanta negatività vi è però il mondo personale del poeta, che abbraccia la vita semplice di paese dove tutti si conoscono ed è possibile ancora trovare una certa serenità e un senso di fratellanza, dove gli animali domestici accompagnano le giornate (soprattutto i gatti, che ama in modo particolare), e i bambini trovano spazio per i giochi d’infanzia.

Il libro inizia proprio con una lirica che ha per protagonista un bambino: è il fanciullo rimasto nel cuore del poeta; attraverso i suoi occhi contempla la bellezza del creato e accoglie l’esistenza con fiducia. In tutto il libro aleggia questo spirito di fanciullesca ingenuità, che va a contrapporsi al caos imperante. Schiavone sa che la vita dell’uomo di fronte all’universo è un soffio passeggero, e forse tutto svanisce nel nulla: “…e coi gessetti della mente segna | da provetto aritmetico | sulla lavagna grigia d’un mattino | il conteggio infinito | delle gocce che piovono, | delle nubi che passano, | delle ore che spariscono, | del Tempo che non c’è | che va, viene e non c’è.”