Iovinella Filomena – A mio padre

A mio padre

Il quarto Premio Città di Pomezia 2017 è stato assegnato alla silloge A mio padre di Filomena Iovinella, personaggio poliedrico poiché, oltre alla poesia, ha pubblicato racconti, favole e un romanzo. S’interessa inoltre di musica, cinema e teatro. Attualmente sta frequentando proprio un laboratorio teatrale.

Questa sua raccolta è dedicata totalmente alla figura paterna, per lei molto importante, che è venuta a mancare lasciandola nel dolore e nella solitudine. Sono liriche di breve/medio respiro che rendono un’emozione intensa, ma nello stesso tempo sono misurate dal ragionamento e dalla visione di una possibile luce oltre le tenebre. Molti sono i ricordi che si affacciano alla sua memoria e che le fanno rivivere momenti felici del tempo passato: “Ci ritrovavamo a scattare foto / in un’epoca ora, di altro tempo / ci tenevi per mano, sorridevi / ti preoccupavi e ci proteggevi.”. La malinconia e il dolore sono, però, sempre in agguato e Giovincella si trova a essere in uno stato di continua alternanza. E’ in questa condizione che può succedere il miracolo de “Il terzo occhio” e si può comprendere qualcosa oltre la materia: “Non sapevo si sarebbe illuminato / il terzo occhio al centro del mio corpo.”, e ancora: “Le tue parole sono balsamo per chi ti circonda / e a me mandi raggi di guida. / Non sono i miei occhi a vederti / e in quelli mi manchi tanto / ma ti vedo lo stesso nella luce della tua guida.”. E’ in questa dimensione che Iovinella può trovare una certa serenità, parlando con il padre e confidandogli ciò che sente nel profondo. Inoltre, si rifugia nell’ora del sogno, dove può dimenticare la stanchezza quotidiana e dove può avvicinarsi a una visione fantastica: “I sogni hanno le ali / di piuma profumata / ultimamente / danzano in onirici stati / di voce di caldo al di là / di annessa, vicinanza di te”.

Questa raccolta è nata dall’urgente bisogno di onorare il padre e cercare una catarsi nella scrittura. Solo chi ha provato il dolore del distacco può comprendere appieno. Filomena Iovinella, alla fine, si rivolge alla Madonna quale unica Madre che può accogliere in grembo sia la sua anima sia quella del padre: “E tu, mio padre saluto la tua carne / dalla mia nell’inno all’Ave Maria.”.