Chiellino Giovanni – Le mie strade

Le mie strade

Giovanni Chiellino ci offre un nuovo lavoro: Le mie strade. Nella prefazione, dalle sue parole e da quelle del nipote Giuseppe si evince l’intento di far emergere le emozioni più profonde, quelle legate alle sue radici e all’infanzia trascorsa nel paese natio, Carlopoli, in provincia di Catanzaro. Entriamo così in un mondo speciale e i versi fluiscono carichi di nostalgia per tutto ciò che è stato e che si può ritrovare solo nel ricordo. Chiellino, infatti, non ha mai cessato di amare la terra che ha dovuto lasciare, prima per gli studi e poi per il lavoro, trasferendosi a Torino.

Tornato in visita a Carlopoli, il poeta ritrova la calma e l’atmosfera di un tempo: la strada, dove s’inebriava con il profumo del pane sfornato e dove il fabbro spargeva scintille di metallo; la fontana che animava i suoi giochi di fanciullo (ma lavoro faticoso per le donne che raccoglievano l’acqua): “per donne sempre in nero / che avevano il dolore / attaccato alle ciglia / come lepre nel cuore / la fuga e la paura.”; il profumo di caldarroste e tante altre epifanie. Piazze e strade che parlano di amori e di un passato ormai perduto.

Nella splendida lirica La ruga Chiellino descrive minuziosamente l’ambiente che attornia la casa ormai abbandonata: “Fra le mura cadenti / e le distorte porte / un odore s’elèva d’abbandono, / fra le rovine rovi, / cenci ammuffiti, indisturbati ragni:…”.Rivede poi l’austera figura di Donna Rachela, “la nonna” che controllava tutti i bambini della Ruga, e tra il profumo di basilico, menta e piante fiorite, resta ancor più impresso il dolore del distacco: “Tu ci guardavi, il pianto sulle guance: Demetra e il dolore del distacco, / gli amori folli di Giasone e Bacco, / Prosperina rapita da Plutone./.

I ricordi si susseguono sempre più pregnanti e la visione si amplia con personaggi, ambienti e scorci di un territorio ancora vergine. Vengono alla memoria anche tutti gli amici d’infanzia. Chiellino li ritrova in una vecchia fotografia e ce li presenta, uno a uno, ricreando la gioiosa atmosfera di una partita di calcio: “Eravamo noi, gli “Azzurrini”, / i ragazzi dalle scarpe inadatte, / sovente un po’ rotte, malfatte, / a correre dietro al pallone”. In chiusura, la tristezza dell’odierna realtà ha però il sopravvento: “e accompagna il nostro lento avanzare / verso le porte dell’estremo giorno / dove volano i gabbiani / e portano via fra nuvole incerte”.

Tra gli affetti, la madre ha un ruolo predominante e nella lirica Dinanzi alla tomba di mia madre emerge tutta la forza poetica di Chiellino. I versi si snodano in un concerto lirico che abbraccia la vita e la morte; un legame d’amore che supera l’esistenza terrena.

In quest’ultima raccolta Chiellino ci ha svelato il suo intimo sentire, senza infingimenti, coinvolgendoci appieno.