Giummo Lucio C. – Il viaggio: brevi esiti di-versi
Il viaggio brevi esiti di-versi
Lucio C. Giummo, noto architetto, ha pubblicato monografie nel settore del restauro dei monumenti, dell’urbanistica ed in quello sociologico; un saggio di analisi socio-urbanistica, un saggio di analisi sociale ed un volume monografico di architettura. Ha collaborato per dieci anni con Danilo Dolci, fino alla sua scomparsa, ed ha in corso di stampa un libro di racconti. Questo suo lavoro, inserito nella Collezione di poesia pugliese contemporanea “Delphinus”, è la sua prima pubblicazione di poesia. Credo in ogni modo che Giummo abbia elaborato la poesia dentro di sé per lungo tempo, perché il risultato di questa raccolta è veramente notevole.
Determinante è il viaggio, come si deduce anche dal titolo: il cammino esistenziale che da sempre l’uomo cerca d’intraprendere per conoscere meglio se stesso. Da Ulisse, che ha attraversato terre ed acque, a Dante che si è inoltrato oltre la vita; due grandi ad esempio. Con Ulisse Giummo s’identifica sin dal primo componimento, alla ricerca di una Itaca in sé: “…Nel mio far vela / lontano dalla costa / scrutando l’orizzonte ch’è nel fondo / di geometrie interiori / incomprensibili / cerco Itaca in me / senza speranza.”.
Egli pensa che ognuno, nonostante gli anni avanzino, abbia sempre una parte pronta a sognare, e soprattutto sia disposto all’irrazionale; e in questo dualismo Giummo scava in profondità. Dopo, torna indietro a raccogliere l’amore paterno in frammenti della vita d’infanzia; ricorda volti e voci scomparsi, dolcezze infinite, e il bruciante dolore per la perdita della madre. Inoltre, superando le proprie problematiche, s’interessa pure del viaggio d’altri personaggi (anche importanti come Neruda e Picasso), e addirittura quello di un fiore: “…Il suo viaggio è nel seme / trasportato dal vento / ed il suo sguardo / luce alle foglie e notte alle radici…”
Il poeta, per riuscire ad evidenziare tutte le tessere del suo percorso, ripassa scene piacevoli della giovinezza ed arricchisce il testo con pensieri filosofici. Oltre a ciò, intrecciando con maestria dati tecnici e problemi esistenziali, riesce a rendere un contrasto molto interessante. Il verso non conosce sbavature, è lineare ed incisivo, e certe brevi liriche sono addirittura fulminanti, come per esempio “Navigare”: “Solo nel mare genetico / della mia malinconia / io posso navigare / e nella sofferenza / che da mille anni / mi cola nelle vene.”.
Al termine, dopo aver ripercorso il tempo della memoria e riprovato emozioni ed amori (un periodo che gli sembra infinito), Giummo torna alla sua terra. Ed è nel suolo natio, nel grembo delle sue radici, che si accorge quasi con meraviglia che solo in quest’ambito può pensare di mettere veramente fine al suo girovagare ed annunciare finalmente “il ritorno di Ulisse”.