Pandozy Giovanna – Il telaio dell’infinito

Ed. Kalkin – Roma

Non ho mai trovato il titolo di un libro così appropriato come “Il telaio dell’infinito”. Il volume, di 207 pagine, è suddiviso in otto sezioni (per la Pandozy fili di vario colore rappresentanti ognuno il raggio di un fascio di luce scissa da una piramide di vetro) più un filo bianco del prologo. La scrittura è fitta e copre quasi appieno la pagina, solo i paragrafi sono divisi da una doppia interlinea. Il contenuto di questo importante lavoro è talmente vasto che per un piccolo riassunto ci vorrebbero più pagine; per questo cercherò di evidenziare solo l’intento dell’autrice.

Il discorso comincia con il voler riprodurre il mito del viaggio degli argonauti, ma questo è solo l’inizio di un infinito dispiegarsi di nozioni, deduzioni, introspezioni e poesia. La Pandozy possiede una vasta cultura e spazia dalla storia dei greci, egiziani, spartani, indiani a quella del mondo mitologico; dall’astronomia alla teologia, dalla psicologia alla conoscenza degli idiomi antichi, ed altro ancora. Tutto questo sapere, abilmente intrecciato, crea una trama che si dilata come una ragnatela senza confini.

Il mito degli argonauti tratta del viaggio di Giasone con altri eroi alla conquista del vello d’oro, impresa che riuscirà grazie all’aiuto di Medea, figlia del re di Colchide, la quale innamoratasi di Giasone poi fuggirà con lui. Ecco, da questo argomento si dipanano i vari fili che assoceranno il mito ai fenomeni celesti e al significato del tempo e della vita, intesa quest’ultima come parodia e specchio degli eventi che avvengono in cielo.

Protagonisti della storia sono quasi tutti i personaggi mitologici. La terra di Colchide, meta del viaggio della nave Argo che trasporta gli eroi, è il mito dell’est del mondo e immagine speculare del paradiso. La nave Argo, che nella mitologia significa “rapida di luce” è guidata dall’amore che spinge Giasone verso Medea; per gli Egiziani è il vascello di Iside. A questi si collegano, in analogia, argomenti dell’Odissea, dell’Iliade, ecc. (come detto sopra). Il tutto si unisce alle costellazioni ed ai misteri del cosmo. Ma non si può spiegare! Per capire veramente il libro bisogna leggerlo. Posso solo far notare che alla fine il cosmo entra nell’uomo, nel senso che l’uomo è parte dell’universo.Dice l’autrice: “ …l’uomo è sezione aurea dell’infinito, medio proporzionale fra le dimensioni, e la tetractis di Pitagora, un quadrato magico basato sulla decade celeste. 4 sono gli elementi della vita organica, in tutto essi possiedono 22 elettroni – C6,08,H1,N7=22”. 

L’uomo deve imparare a conoscere se stesso, anche se in balia dello smarrimento di tante domande senza risposta. “La vita è un viaggio dell’anima nei regni dell’esperienza” spiega la Pandozy, ed ancora: “Ogni cosa è parodia di altro, ogni nome è la maschera di un’altra realtà…Vivere è cedere all’illusione di considerare tutto quanto esiste reale…”

Per concludere, credo che l’intento di questo eccezionale lavoro sia di aver dato delle istruzioni affinché l’uomo abbia una maggiore consapevolezza del suo “essere”. Solo in questo modo può dare la possibilità all’anima, quando si staccherà dal corpo, di entrare nella giusta porta oltre l’infinito.

MERIDIANO SUD -30 -XI – 2001