Courget Paul – Silage – Scia
Sillage / Scia
“Questi versi d’un fascino intimo e caldo son fatti di te. / Sedurranno altre donne? Che t’importa! / Se semino, così, ad ogni vento che passa, / è per provarti meglio l’omaggio della mia fede.” Così inizia il primo dei quaranta sonetti, tradotti mirabilmente da Domenico Defelice, che compongono il poemetto “Scia”, ovvero “Sillage” di Paul Courget.
Come spiega Defelice nella presentazione, ogni sonetto ha un titolo e può vivere autonomamente, ma nell’insieme compongono una vicenda ed acquisiscono la musicalità di un poema. Immergendosi nella lettura si ha davvero l’impressione di navigare in un’atmosfera singolare dove l’amore assume un’importanza vitale, tanto da escludere qualsiasi altro elemento emotivo. L’innamorato, infatti, è in balia della passione.
All’inizio, nella fase dell’innamoramento, teme di nuocere all’amata: ”Il male che puoi fare è grave, lo sai?” / – m’ha sussurrato la voce dell’intima saggezza -”; ma il desiderio è più forte della stessa vita ed egli è pronto a tutto, pur conoscendo la sofferenza a cui andrà incontro. Quando finalmente la donna “l’Idolo che, al di là di questo mondo di febbri, / Dio stesso, geloso, non ha mai potuto afferrare!” si lascia conquistare, ubriaco di gioia si sente rinascere. Il risveglio tuttavia è un fuoco che consuma, tanto profondo è il sentimento che lo pervade, e l’amata diventa “la mia tortura, il mio grido, la mia sublime disperazione!”, il tutto però cancellato dalla vertigine del piacere e dal delirio paradisiaco dell’ unione.
I versi poi alimentano uno struggente canto dove l’uomo esclude ogni cosa che lo circonda, schiavo volontario di tutto ciò che gli ricorda l’amante; si sente vivo solo se assieme a lei: “Le nostre dita unite mi sono la più cara armonia / e vorrei poter così, tutta la vita, / sempre, stringendo le tue, percorrere l’ignoto.”.
Ma come l’inverno segue l’estate anche per il grande amore arriva il freddo momento della separazione; egli continua a coltivare il suo sentimento ma si chiede con paura “Ma il tuo cuore, allora, m’avrà abbandonato?”. In ogni modo la speranza non può morire: “compio pazientemente il miracolo di speranza / che vuole che nulla che fu divino muoia!”; e dopo essersi chiesto ripetutamente se può aver commesso qualche errore, si convince che l’amata ritornerà: “Domani ritornerai. Nulla sarà cambiato.”. L’uomo è sicuro che quando si ritroverà con la sua donna saranno ancora più uniti, e questa certezza gli dona la forza di continuare.
Non avendo a disposizione il testo originale non si può fare un confronto, ma il lavoro proposto da Domenico Defelice è pregno di musicalità ed i versi scorrono in un dettato corposo, incisivo ed efficace, che coinvolge appieno. Tradurre poesia è una delle prove più difficili e Defelice è sicuramente riuscito nell’intento.