Puzzanghera Antonella – Il giorno dell’airone
ERA NOVA – BANCHERI EDITORE 2004 – Euro 12,91

“Il giorno dell’airone” è il secondo volume della trilogia pensata dalla Puzzanghera “sul filo della metafora ornitologica”, come ben evidenziato da Lina Riccobene nella postfazione; nel primo volume il simbolo portante era il gabbiano.
La Puzzanghera non si limita a scrivere sotto l’influsso dell’ispirazione, bensì intreccia tanti elementi per costruire un mondo di significati e di emozioni. Il libro è articolato in più sezioni e contiene diversi riferimenti. Le tappe del percorso sono le ore del giorno: 12 ore accompagnate dal canto dell’airone (per ogni ora una diversa varietà della specie) e dalla citazione di mitici autori. In questo modo l’autrice può dar voce al suo complesso pensiero nei vari momenti del giorno.
Ogni ora contiene una sfumatura del suo sentire, ed è unita metaforicamente all’airone scelto; il ritmo raffinato del verso genera una delicata musicalità, che richiama la sua passione per il canto (Antonella ama la sublime Edith Piaf, tanto da emularla).
Dopo il Proemio, che introduce l’opera, inizia la “Ora prima”: l’ora del risveglio illuminata dall’alba; quella in cui la mente è ancora persa nel sogno appena terminato. L’ora in cui ognuno riprende il suo ciclo quotidiano; quella che ci prepara agli eventuali accadimenti del giorno. Nella “Ora seconda” l’autrice apre la finestra “alla speranza del mattino”, e con l’aiuto della poesia “come divinità pagana” cerca di vincere la tristezza che l’assale pensando alle occasioni perdute e al vuoto di certi momenti. Nello stesso tempo però si convince che deve reagire, consapevole che la sua forza sta nel dono della poesia che arricchisce l’anima: “ l’anima / che anima la mia pagina / incorporea”.
Nella “Ora terza” si affianca a diversi miti, e le sue azioni s’intrecciano con quelle delle divinità e delle figure leggendarie, creando una notevole alternanza di pensieri e azioni, e da questi incontri sembra prendere forza per procedere.
Nella “Ora quarta” entra la luce, e come per la nascita “L’angelo ombroso / del ventre materno/ universo in placenta/ prelude alla luce.” , anche per la poetessa è quasi un’iniziazione; cerca, infatti, nella piena solarità, di rafforzare la propria essenza rovistando nel suo scrigno segreto “L’indagine profonda / di me stessa…”. Lo sforzo però è vano, poiché nella “Ora quinta” anela alla pioggia: “in cerca della parola del cielo, / la pioggia.”. In quest’atmosfera si lascia andare a pensieri negativi e la solitudine la opprime: “le pene impetuose / del mio vuoto / esistenziale”. Nell’alternanza delle sensazioni e nell’incertezza del destino si rende conto che deve imparare a “…recidere le attese / ingannare le speranze / abitare il distacco”, ma purtroppo ha la consapevolezza che i suoi giorni sono sempre uguali. Anche nella “Ora sesta”, sebbene cambi l’ambientazione, continua un senso di profonda solitudine. Qui la Puzzanghera rappresenta scene serene, ricordi d’infanzia, prati verdi, che se da un lato addolciscono l’anima, dall’altro creano un certo sgomento al confronto della realtà quotidiana: “Al calore delle ombre / accendo malinconie”. Il suo pensiero poi si posa sulla morte e sul dolore che porta: “La morte ignora / il dolore che semina, ”, ed evoca chi è già “Nell’altra dimora”, palesando il suo cordoglio.
Forse per sfuggire ai pensieri negativi, nella “Ora settima” la poetessa prende in considerazione gli animali e li colloca nella libertà della loro condizione e nella bellezza della natura che li circonda. All’interno però non può fare a meno di confrontare la serenità del loro vivere con la tragedia della guerra dei nostri giorni, e il contrasto si fa pesante.
La “Ora ottava” è ricca di lirismo. L’autrice si sposa con la “Madreterra”, e si abbandona a un canto pregnante che ne esalta l’essenza. Al grande grembo della terra accosta il suo, quale figlia e nello stesso tempo madre, in un connubio perfetto. Nella “Ora nona” invece si lascia andare alla musica e al canto; infatti, questa è l’ora nella quale si accosta alla lirica, la sua passione. Emulando l’amata Piaf cerca nella sublimità del suono uno stato di beatitudine dove “il cuore deve misurare / le note / dalla parte del cielo”.
Dopo essersi inebriata di musica, la poetessa può entrare tra le nuvole, e nella “Ora decima” incontra momenti di dolcezza e di amore. La sua spiritualità si accende di altruismo ed è pronta a donarsi per il bene degli altri; nello stesso tempo può rafforzare anche il suo animo. Si avvicina però la sera e nella “Ora undicesima” i ricordi ritornano e lei sprofonda nuovamente nel vuoto e nella solitudine. Così, per dimenticare il dolore di un distacco, preferisce rifugiarsi nel sogno e nella magia: “Nel cerchio degli incantesimi / eleggo domicili festosi / con lo spirito di betulla ”, ed arriva a considerare metaforicamente il peccato originale.
La “Ora dodicesima” è quella dedicata alla parola, il suo strumento vitale. E’ pure il momento adatto per fare l’inventario del suo transito e delle sue azioni; però, prima di chiudere il giorno, sente il bisogno di proiettarsi nel futuro ed annuncia già il suo nuovo progetto. Manca, infatti, il terzo atto, il terzo volume, quello dedicato alla pace; e in un mondo tormentato dalla guerra, il volatile che giustamente accompagnerà il suo canto sarà la colomba.
L’opera della Puzzanghera è molto corposa ed abbisogna di una lettura attenta. Gli accenni dati non bastano a farne cogliere l’importanza poiché si riferiscono solo ad una minima parte del suo pensiero. Per concludere, è doveroso un elogio a Giovanni Amodio, che ha coordinato l’edizione del libro e curato addirittura un doppio saggio critico: un testo riguardante la poetica dell’autrice ed una scheda critica per ciascuna parte/ora/ airone. In questo modo, la sua profonda analisi rende manifesto il mondo della poetessa ed aiuta il lettore a comprenderne l’intento. Inoltre, non si può tralasciare la bravissima Grazia Lodeserto, che con le sue opere ha impreziosito la copertina e la retrocopertina del volume.
ULTIM’ORA – 10-6-2004