Cauchi Tito – Amante di sabbia
Amante di sabbia
Tito Cauchi nella raccolta “Amante di sabbia” svolge un discorso psicologico/esistenziale nel quale le domande si susseguono alla ricerca di poter svelare qualche verità. L’io si confronta con gli altri per ritrovarsi comunque solo: “Avverti il silenzio / e ti pare d’essere solo al mondo / il mondo esiste davvero / e allora ti pare / essere solo lo stesso”;e il poeta ha la certezza che ognuno s’interessi solo di se stesso “Sapere di te / a chi può importare / se in principio / e fine ultimo / di ognuno / è solo quello di vivere.”.
Egli riesce in ogni modo a cogliere qualche momento di pace, oppure ad isolarsi e custodire nella sua stanza/rifugio il cosmo intero; infatti, la natura per lui ha una grande importanza poiché madre del nostro misterioso passaggio: “Ho guardato la volta celeste / il giorno limpido e sereno. / La terra ossequiosa ruota / intorno ad un principio.” Inoltre, scavando nella contraddizione umana divisa tra corpo e anima, può riuscire a sentirsi parte della stessa umanità: “Cercando l’anima cerco la mia / dimensione d’uomo fra gli uomini / carne alla carne, terra alla terra.”
Neanche l‘amore, sebbene appagante, benché pregno di sensualità, non può fare il miracolo della gioia perché “Dopo l’amore / ti senti d’essere / più solo di prima”. La passionalità di Cauchi traspare in versi dal forte tono e comprende tutto quello che lo circonda; come ad esempio la bella lirica che dà il titolo all’opera, dove la sabbia diventa protagonista: “E mano tu stessa ti insinui / laddove lo sguardo non può / accarezzando tutto il corpo / e dando a tutti sollievo.”.
Un altro rifugio per il poeta è il sogno, la zona d’ombra dove l’irreale può divenire realtà e si può giocare e fingere. Anche il pensiero della morte aleggia continuamente nella raccolta ma Cauchi, nonostante le tante insidie, la profonda solitudine e un’acuta malinconia, desidera continuare a vivere: “Un lungo discorso / poche parole / solo una / vivere”. E il suo viaggio segue in un continuo slabbrarsi di domande; egli osserva e riflette senza sosta e termina la raccolta con un’emblematica lirica dal titolo “Senza volto”, nella quale l’uomo perde addirittura l’identità: “Appari in ogni luogo / e ti travesti in ognuno / sei dentro ciascuno / e hai mille volti. / Ma volto che io sono / non ti scorgo / e volto ancora / non ti colgo”.