Angelo Lippo – Momenti diversi

La produzione poetica di Laura Pierdicchi è stata sempre scandita attraverso tempi lunghi, difatti nell’arco di un ventennio (1979-1999), ha licenziato soltanto otto volumi, ma l’ultimo edito dalle Edizioni del Leone, Momenti diversi, giunge dopo una pausa di cinque anni. Questa distanza è suffragata dalla lettura dei nuovi testi, che, per dirla con Nino Majellaro, prefatore, in cui la poetessa “raggiunge un’essenzialità e una misura inconsueta nel panorama poetico di questi ultimi anni”.

A questo vorremmo aggiungere, però, che il titolo ci appare riduttivo rispetto alla stessa valenza poetica, delimitandone la ricchezza intuitiva e il respiro linguistico. Difatti, superata la scansione ritmica breve di cui è composta ogni poesia, si capta subito che ogni “momento” è consequenziale all’altro, in un fluire ininterrotto da raccontare. La Pierdicchi non sosta sulle parole, ma le fa lievitare: un attimo prima le accorpa, subito dopo le dilata, alfine le situa in una dimensione esistenziale e spirituale univoca.

In questa esemplarità linguistica “ogni attimo è irripetibile”, pur non impedendole di dire “mi spoglio di parole | le poso sul tuo corpo nudo | abito di pensiero | per volare insieme”, ma più avanti “io pesco le parole | dal nulla scendono loro | a mia insaputa | e mi regalano sempre un attimo di estraneità”, che riafferma il principio di uno scavo che non indugia alla pausa preferendo il rovello “alle volte m’inginocchio | io che credo di non credere | e ringrazio l’Assoluto | di questo passaggio | di quel poco che posso capire | già tanto | per quel che sono”.

Tutto ciò sposta il discorso su binari diversificati, nel senso che non puoi mai affermare “questo o quello”, perché l’energia espressiva dei versi si modella a seconda delle necessità interiori, alle quali la Pierdicchi “obbedisce” pur concedendosi richiami e stilemi di diversa estrazione. Questo fa sì che la modulazione dei versi si snodi mediante un’altalena conversativa, nella quale domande e risposte si intrecciano a distanza e combaciano nella definizione delle cose, degli oggetti, degli affetti che ruotano nell’ambito della sua realtà di donna. In altre parole, la ‘denominazione’ si fa, si costruisce attimo per attimo: “ogni giorno vi chiamo | vi dico ‘tutto bene’ | la verità nascosta | un gioco perenne | per non farci male”, il bisogno di avvicinarsi alla cima dei sentimenti, delle passioni delle inquietudini, con una dialetticità che sorvola la rappresentazione fine a se stessa. Qui, allora, la poesia della Pierdicchi avvia quel processo della conoscenza che è il rifugio estremo del suo dire, del suo testimoniarsi nel tempo alla fine del suo racconto: “solo per me dentro di me a cercare | e contare le criciole del giorno | dopo le deposito per lasciare | una traccia-un significato | di questo mio limitato passo | anche se goccia di diluvio oppure | singolare granello di seserto”.