Armando Santinato – Voci tra le pieghe dei passi
Voci tra le pieghe dei passi
Voci tra le pieghe dei passi, in cui l’eco d’antico diviene presente e si muove nell’intrico del cuore; una poesia che trafigge e rasserena, che brucia sulle ferite e di balsamo cosparge il destino della vita.
Venezia schiude il sipario e l’arpa tiene del canto, al ritmo del tempo, in cui si compongono le voci dell’anima: “Venezia. Silenzio. Il passo / di un bimbo scalzo sulle fondamenta / empie d’echi / il canale.” (Antonia Pozzi – Venezia).
Motivi ispiratori della silloge sono, la Voce concettuale, Voce paterna, Voce descrittiva, Voce materna; l’anima, il cuore ed il simbolo sull’onda dei sensi:.“Nell’acqua il remo penetra lieve – / un debole gorgoglio richiama / il piacere di un giusto contatto. / Lenta scivola la gondola – / il sole muore / tuffandosi in laguna.” (Voci …, p. 26).
La vita è “un transito nel quale coltivare miraggi”, il sipario si schiude con “la prima luce” che “sorge dal mistero” e “nel battito”, “segna il cammino”, in un “complesso gioco mortale” (cf. p. 19-20).
La conclusione sembrerebbe portare sulle tracce d’antico pessimismo romantico, invece la Poetessa stessa si preoccupa di preservarci da ogni smarrimento spirituale: “Abitare l’invenzione / Germinare pensieri / Accendere il silenzio / Sedurre l’invisibile”, per sempre “trovare una possibile fuga.” (p. 13).
Come nei grandi poeti della prima generazione romantica nostrana, il pensiero, la poesia e l’espressione che parte dal cuore divengono l’ancora di salvezza, rifugio sicuro, casa dei sogni, tutto per salvare “questa nascita da custodire / concessa in dono alla vita.” (p. 19).
Lume del vivere, dell’esistenza, dell’essere e dell’esistere, è l’intelligenza, che accompagna i passo, dal primo all’ultimo: “il tempo batte note altalenanti e nello spazio il gesto dipinge ghirigori. // E’ il momento della domanda”, il momento dell’interiore risveglio, il lampo divino sulle tracce del”bene” e del “male”, là dove “il seme della coscienza inizia a germogliare” (p. 17).
Una poesia lontana dall’effimero, sempre presente al battito del momento, in attesa d’un arcano baleno, dove il pensiero si chiede, attende, ritorna al pensiero: “Il sangue incideil cambiamento – il passaggio a un ciclo diverso. Nella trasformazione il conflitto interno è totale.” (p. 39).
Gli affetti familiari, la”voce paterna” e la “voce materna”, persistono nel nostro andare, restano, nella memoria, come segni del nostro cammino: “La mia famiglia è un focolare sempre acceso” (p. 31)). Accanto al fuoco, le faville accendono i ghirigori del cuore: “Senza di te un albero / non sarebbe più un albero. / Nulla senza di te / sarebbe quello che è” (Giorgio Caproni – A Rina) p. 43.
E’ l’inizio dell’attesa, il polline dei sensi, effuso dall’anima: “Dentro gli stivali / un piede pronto a volare. // Tra un campo e l’altro / l’occhio scatta nuove immagini – / una luce / anche per l’angolo segreto” (p. 45).
Io e tu, soli al chiaro di luna, sotto l’ombrello di stelle, sogno che schiude le palpebre al destino: l’amore si svela, prima che spicchi dall’albero il frutto proibito, prima che s’impari “a fingere con la coscienza e l’innocenza arretra nel ricordo.” (p. 63).
L’amore, in Laura Pierdicchi, è attesa, scoperta di piacere e dolore, tormento ed estasi, graffio interiore dell’anima: “Ho assaporato il tepore / dell’amoroso inganno” (p.46).: sembra l’eco d’Albione: “Di ogni grazia visibile parteggi: / ma niuna arriva al cuore tuo fedele” (W. Shakesperare. Sonetto 53).
Una lirica, lontana, tuttavia, dallo struggimento dei sensi, dall’eros, che nutre l’universale sentimento della poesia classica, come in Saffo, Catullo ed Ovidio, per esempio, anche se, in taluni momenti, la loro l’ispirazione sembra calarsi nell’attuale sensibilità.
In loro, si tratta di tumulto della natura, struggimenti dei sensi e passione, che sempre hanno dell’ impersonale, mai privilegio dell’ “individuo”, della “personalità” dell’ amante o dell’amato, come, all’incontrario, riveniamo già nel l crepuscolo medioevale, ad opera ditrovieri e giullari.
Nella nostra Poetessa, l’ispirazione nasce dall’originale proprio sentire, dove la musica si compiace di porsi in armonia con le voci più belle della nostra tradizione.
Raffinatezze stilistiche che bene si collocano nel concerto della scuola stilnovistica, rinascimentale, romantica… e si nutrono del fascino pensoso che il verso esprime, sospinto dall’onda dell’ ispirazione, dall’ alito che la natura nobilita e non si stanca di vagare nell’onda del sogno, oltre le cose che verranno, dove l’attesa, forse, già si culla fra le bracci immortali dello spirito: “Un lampo… e poi la notte! Fuggitiva beltà / Il cui sguardo mi ha dato d’un tratto nuova vita, / Ti rivedrò mai più sino all’eternità?” (Ch. Baudelaire, Les fleurs du mal, a cura di M. Bonfantini, Mursia, Milano 1980, p. 219).
Una poesia, quella di Laura Pierdicchi, che ritrova pace nel “sublime”, in armonia con l’Assoluto: “Solo tu / infiammi l’interesse / nell’assenza che si prolunga / a dismisura. Per dar modo / alle ore di passare / tengo viva la luce / perché mai / la notte possa oscurarla” (p. 57).
Tutto vince l’amore, Omnia vincit amor: et nos cedamus Amori, dice l’antico Virgilio, e l’eco si perde sull’ali del vento: “Non dirmi amore / nel tempo di lotta incessante / nel raffinato pungente gioco / di demolizione. / Non dirmi dolcezza / se il dubbio ti rovina il pensiero. // Gridami amore / per un solo attimo / di vera emozione // e nasceranno prodigi” (p. 59).
Nasceranno i prodigi d’una poesia inconfondibile, per ispirazione ed espressione, per il sentimento sincero del cuore, per l’anima raccolta sul picco della vita: “ : Vivrai – tal forza ho – proprio ove il respiro / spira di più, nelle bocche dei vivi” (W. Shakespeare,I sonetti, 81).
Una silloge, Voci tra le pieghe dei passi,che scaturisce dall’intima rivelazione e si manifesta nel mistero del nostro andare, un testo per il dramma dell’esistenza , dove la divina Signora dell’onda chiude il sipario del nostro destino: “Venezia tramonta austera. / E’ una vecchia signora / che si lascia addobbare / per fingere di non sapere.” (p. 91)
Torino, 01.10.2014